È una domanda frequente che viene posta dal cliente in prima seduta; tuttavia, non vi è una risposta univoca.
Se ci pensiamo bene ogni persona è assolutamente unica (a livello di bisogni, esperienze di vita, motivi di sofferenza, convinzioni, modi di essere…) quindi non è possibile stabilire a priori la durata effettiva degli incontri poiché questi dipendono da una multifattorialità di elementi che si influenzano reciprocamente tra cui il contesto attuale, la tipologia/gravità e intensità/frequenza della sofferenza, le caratteristiche personali del cliente.
Non vi è una correlazione lineare tra il tempo di durata del percorso terapeutico e i risultati che si otterranno. Questo avviene per tutta una serie di motivi e tra questi riconosciamo il fatto che i risultati non dipendono esclusivamente dal lavoro introdotto dal terapeuta ma anche dalla predisposizione e dalla motivazione del cliente a mettersi in discussione, ad assumere una prospettiva più critica rispetto al suo funzionamento, a provare ad assumere un atteggiamento disposizionale diverso rispetto agli eventi di vita, ad apportare gradualmente piccole modifiche nel suo comportamento abituale.
Spesso il cliente delega completamente allo psicoterapeuta il ruolo di attivo promotore del suo cambiamento, fuggendo o ritraendosi dalla biunivocità del lavoro terapeutico.
Il massimo esperto rimane sempre il cliente, colui che meglio di chiunque altro conosce il suo funzionamento mentre il terapeuta ha un ruolo di mediatore che affianca/supporta il suo cliente nell’accrescere maggiormente la sua consapevolezza rispetto alle aree di sofferenza che riporta.
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